Edizioni Casagrande

Genesi e storia dell'Archivio Storico Ticinese

Virgilio Gilardoni e gli studi storici in Ticino

 
Vogliamo ripercorrere qui la genesi e la storia della rivista. Per far questo dobbiamo accennare agli sviluppi degli interessi scientifici e di ricerca del suo fondatore.
Virgilio Gilardoni (1916-1989), locarnese, dopo la Scuola Magistrale studia filosofia a Milano e negli anni giovanili si cimenta con la pittura, la scenografia teatrale, il cinema, il giornalismo. Assai presto si afferma come storico dell’arte, con pubblicazioni su artisti ticinesi (I pittori Orelli da Locarno nel 1941), sull’arte dei primitivi (La nascita dell’arte nel 1948) sull’arte popolare (opuscoli e articoli dal 1946 in avanti). Ed è da storico dell’arte che inizia a lavorare per il Dipartimento della Pubblica Educazione nel 1950, collaborando all’allestimento di mostre. Tra il 1951 e il 1954 pubblica nella collana Biblioteca Moderna Mondadori monografie sull’arte gotica, sulla pittura impressionista, sul pittore francese Corot.
Nel 1951 Virgilio Gilardoni viene incaricato di proseguire l’allestimento degli Inventari delle cose d’arte e d’antichità del cantone. Nel 1948 era stato pubblicato l’Inventario delle Tre valli superiori curato da Piero Bianconi. Virgilio Gilardoni riprende l’opera per il Distretto di Bellinzona.
Nelle ricerche per ricostruire la storia dei monumenti e degli oggetti d’arte che viene inventariando, egli si scandalizza per lo stato di abbandono, di incuria, di indifferenza in cui si trovano le fonti storiche locali, gli archivi parrocchiali e patriziali. E comincia a porsi l’obiettivo di pubblicare i documenti che trova. Così, mentre viene dato alle stampe nel 1955 l’Inventario delle cose d’arte e d’antichità del distretto di Bellinzona, parallelamente Gilardoni pubblica, prima nella rivista “Svizzera Italiana” di Guido Calgari nel 1954, poi nel “Bollettino Storico della Svizzera Italiana” diretto da Giuseppe Martinola nel 1956, due serie di documenti su Bellinzona: sono le Notizie e documenti e le Nuove notizie e documenti inediti per la storiografia artistica.
Virgilio Gilardoni mette nel suo lavoro storiografico artistico una passione che lo porta ad adottare uno stile inabituale, critico e polemico, che non piace al direttore della rivista che lo ha ospitato, quando ad esempio denuncia la “sconfortante situazione di studio, di documentazione archivistica e di conservazione delle cose d’arte” e ne attribuisce la responsabilità a coloro che, scrive, “erano in condizioni privilegiate per attendervi”.
D’altra parte gli ultimi anni cinquanta vedono anche la crisi del «Bollettino storico della Svizzera italiana» (BSSI). La sua periodicità subisce diverse interruzioni. La crisi del BSSI ha echi anche in Gran Consiglio, dove l’avvocato liberale Pino Bernasconi alla fine del 1956 sollecita l’intervento dipartimentale o per rilanciare la rivista in accordo con l’editore Salvioni che ne è il proprietario o per creare una pubblicazione statale. È curioso che Pino Bernasconi a questo proposito suggerisca esplicitamente che si studi la pubblicazione di un, citiamo, “«Archivio della Svizzera Italiana» quale periodico ufficiale delle pubblicazioni pertinenti allo Stato ticinese dalle origini a oggi”.
Negli incontri intervenuti fra il direttore del DPE Brenno Galli, l’editore Salvioni e lo storico e direttore del BSSI Martinola, abbastanza ben documentati dalle fonti archivistiche, non si raggiunse l’accordo e il BSSI potè apparire defunto.
 
 
 
Da «Galleria» all’«Archivio Storico Ticinese»
 
Intanto Virgilio Gilardoni, nel 1955, trova uno spazio suo per scrivere di arte e di cultura. Dentro la «Rivista tecnica della Svizzera Italiana», edita da Carlo Grassi, appare un inserto autonomo, con propria numerazione, intitolato GALLERIA, che Gilardoni definisce modestamente “rubrica di cultura e d’arte”. Due sono gli scopi della “rubrica”, esplicitamente dichiarati nella presentazione: un’attenzione all’attualità artistica ed espositiva nazionale e la critica culturale.
L’arte vi è trattata con raffinata cura iconografica. È questa la componente di GALLERIA che la cultura ufficiale è disposta ad apprezzare. Non invece l’intervento polemico nella vita culturale cantonale.
Nel 1956 poi Virgilio Gilardoni introduce in GALLERIA un terzo contenuto: sono le “brevi note di storia e archeologia”. Ecco che riappare il bisogno della pubblicazione di documenti.
La collaborazione alla «Rivista tecnica» si traduce in tre diversi “supplementi” della Rivista.
Il primo e certo il più bello e corposo, è GALLERIA, che appare dal gennaio 1955 al gennaio 1958. Il secondo è IL SOTTOCENERI, dal marzo 1957 all’ aprile 1958 e il terzo è l’ARCHIVIO STORICO TICINESE, dal novembre 1958 all’estate 1959.
GALLERIA, nel mutare dei suoi contenuti, e gli altri due inserti successivi, offrono indicazioni preziose sull’evoluzione degli interessi storiografici di Gilardoni. La trattazione vivace e critica di vicende della cultura locale è solitaria, ma non mancano attestazioni di stima e di sostegno, specialmente nel corso del 1957, da parte di ticinesi universitari.
Gli scritti che Virgilio Gilardoni prepara per GALLERIA in occasione del centenario della morte di Stefano Franscini gli vengono però censurati dall’editore Grassi, che gli scrive a fine 1957: “Il nostro ambiente impone certe prudenze!”; ma che pur gli lascia pubblicare GALLERIA con gli spazi vuoti, censurati.
GALLERIA termina nel gennaio del 1958, nel mese di novembre appare nella “Rivista Tecnica” l’inserto intitolato ARCHIVIO STORICO TICINESE. Significativo è il sottotitolo che annuncia
Notizie e documenti inediti per la storia, la storia dell’arte e la storia delle antiche “civiltà locali” delle terre ticinesi.
Ecco quindi che, dalla iniziale considerazione estetica dell’arte, attraverso la storia documentaria dei monumenti artistici, Virgilio Gilardoni approda a una concezione della storia a tutto campo, non più solamente artistica ma della civiltà locale.
Nella premessa che presenta l’ARCHIVIO STORICO TICINESE, Virgilio Gilardoni esprime l’esigenza di rigore scientifico negli studi , auspicando che abbia fine “il malvezzo di scrivere con pretese di competenza su monumenti e artisti nostri nelle sedi più disparate, mai in sedi scientifiche, attingendo senza discernimento a fonti giornalistiche o letterarie di nessuna attendibilità critica ed evitando la fatica di nuove ricerche e persino la fatica del controllo delle fonti d’archivio più facili o dei monumenti stessi”.
Come inserto della «Rivista Tecnica» l’ARCHIVIO STORICO TICINESE si interrompe già nell’estate 1959, per rinascere indipendente, presso Libero Casagrande, agli inizi dell’anno seguente, il 1960.
L’origine dell’attuale ARCHIVIO STORICO TICINESE, si situa dunque in una svolta particolare dell’attività di ricercatore del suo fondatore. Le ricerche sulla storia dei monumenti d’arte lo spingono a pubblicare i documenti minacciati dall’incuria in cui giacciono gli archivi locali. Ma poiché accompagna i documenti con la denuncia dell’incuria in cui li ha trovati, incontra difficoltà e ostracismi.
La presentazione del primo fascicolo del 1960 richiama come numi tutelari Emilio Motta, il fondatore del BSSI che in quel periodo, aveva cessato le pubblicazioni, e poi Stefano Franscini e Carlo Cattaneo, e si appella a “tutti quei Ticinesi che vedono negli studi e nella tutela delle memorie del passato quell’ampliamento e quell’arricchimento degli orizzonti umani della nostra vita presente che solo potrà permettere loro di affrontare e di risolvere i compiti che il domani propone alla coscienza culturale del Paese”.
L’ARCHIVIO STORICO TICINESE ha pure un battesimo ufficiale nel Palazzo municipale di Bellinzona, il 29 febbraio, cui presenziano il presidente del Consiglio di Stato Franco Zorzi, diverse autorità comunali, e studiosi. Ai presenti Virgilio Gilardoni propone la sua rivista come il tentativo di “costituire un’Accademia ideale, senza palazzi e bidelli, ma con i suoi maestri”.
 
 
 
Progetti e obiettivi ambiziosi
 
Gli obiettivi iniziali sono ambiziosi.
Oltre a dare spazio alle ricerche storiche degli studiosi con i quali Virgilio Gilardoni è già o entra in contatto, l'ARCHIVIO STORICO si propone di promuovere il salvataggio e l’ordinamento dei documenti di cui sono in possesso gli enti pubblici ticinesi. Si legge nella copertina fin dal primo fascicolo:
Il patrimonio storico ancora inedito e ignorato nelle vecchie carte e nei libri degli archivi comunali patriziali e parrocchiali è di fondamentale importanza per la conoscenza della storia della civiltà ticinese. Non è mai troppo tardi per riordinarlo e studiarlo se, con altrettanto entusiasmo, i Comuni, i Patriziati e le Parrocchie risponderanno al nostro appello, sostenendoci con l’abbonamento e rispondendo alle nostre schede d’inchiesta.
Il bilancio di questo sforzo di mobilitazione delle coscienze è scarso. Molto tardi la tenace battagliera insistenza di Virgilio Gilardoni su questo problema ha avuto ascolto. Negli anni novanta c’è una risposta negli interventi statali volti a dare finalmente sede adeguata all’Archivio cantonale e a stimolare il riordino degli archivi locali istituendo un servizio apposito.
L’obiettivo resta sempre quell’esigenza di salvare, pubblicandoli, i documenti sparsi nel Cantone, che aveva spinto Virgilio Gilardoni ad aprire rubriche già nella «Rivista Tecnica».
A partire dal secondo fascicolo, giugno 1960, l’ARCHIVIO STORICO è integrato da un’appendice denominata TICINENSIA. Essa riprende la sottotitolazione del precedente inserto con però un’espansione del territorio osservato: “Notizie e documenti inediti per la storia, la storia dell’arte e la storia delle antiche civiltà locali delle terre ticinesi e della Lombardia prealpina”.
Questa appendice - supporto essenziale della poderosa ricerca con cui Virgilio Gilardoni prepara i volumi sul Locarnese dell’Opera svizzera dei monumenti d’arte pubblicati fra il 1972 e il 1983 - accompagna la rivista fin oltre la scomparsa del suo fondatore: Elfi Rüsch ne ha curato gli ultimi capitoli sulle valli locarnesi nel 1999.
Fanno parte delle serie di TICINENSIA alcune importanti e voluminose monografie documentarie: ricordiamo due esempi, il volume Riviera del Gambarogno del 1969 curato da Gilardoni e da Padre Rocco da Bedano e le Fonti per la storia di un borgo del Verbano Ascona del 1980.
L’AST ha conosciuto la collaborazione di schiere di studiosi. Virgilio Gilardoni, il comunista Gilardoni, è stato di un’apertura a tutto campo verso studiosi di origini e orientamenti diversissimi.
 
 
 
Struttura della rivista e collaborazioni
 
Nei primi anni della rivista troviamo diversi rappresentanti di quella ormai quasi scomparsa categoria di studiosi delle vicende locali che sono gli storici dilettanti, nel senso letterale e tutt’altro che riduttivo della parola, cioè che non si sono formati come storici all’università: persone colte, professionisti che hanno costruito la loro competenza per la storia, dilettandovisi con metodo e con passione. Alcuni esempi che firmano articoli nei primissimi numeri dell’AST: il medico Edoardo Barchi, il giudice federale Plinio Bolla, il banchiere Giorgio Ghiringhelli, l’ingegnere Oscar Camponovo, e altri.
Li affiancano studiosi come Padre Callisto Caldelari, e docenti universitari come Basilio Biucchi, Pio Caroni, Luigi Ambrosoli.
Verso la fine degli anni sessanta approdano all’AST i primi giovani storici formatisi all’università. La rivista ne ospita le tesi di laurea. Sono Raffaello Ceschi, Giorgio Cheda, Marco Pellegrini, Giulio Ribi. Molti altri hanno pubblicato loro lavori negli anni e decenni successivi.
L’ARCHIVIO STORICO TICINESE nasce come periodico trimestrale e nei primi sei anni esce assai regolarmente quattro volte l’anno. Poi, scorrendone la raccolta, si incontrano annate con tre fascicoli di cui uno doppio, altre con due fascicoli doppi, una, il 1976, costituita da un unico grosso volume.
Questa rilevazione, puramente quantitativa, non dà conto dei problemi che il direttore della rivista incontra.
Egli è confrontato da un lato con i suoi impegni di lavoro come responsabile dell’Opera svizzera dei monumenti d’arte per il Ticino e come insegnante. Deve poi destreggiarsi con la diversità dei contributi che si ripromette di pubblicare.
Infine, negli anni ottanta, è ostacolato dalla malattia che lo costringe a ripetuti ricoveri in ospedale, fino all’ultimo nell’autunno 1989 che si conclude con la morte, il 2 novembre.
Capita così che la data del fascicolo non corrisponda alla sua data di stampa, spesso onestamente dichiarata nella seconda pagina di copertina. L’ultimo fascicolo da lui personalmente curato, il numero triplo 102-104 del 1985 con l’edizione delle pergamene di Vogorno curata da Padre Rocco da Bedano e da Marina Bernasconi, esce in realtà nel marzo 1989. Ed è l’occasione per Virgilio Gilardoni, nella sua ultima apparizione pubblica alla Biblioteca cantonale di Locarno, di rendere un accorato omaggio al padre francescano che era diventato il suo più vicino collaboratore per un quindicennio fino alla scomparsa nel 1983.
I contributi pubblicati nell’AST sono di lunghezze molto diverse. Accanto ai saggi brevi, vi sono monografie che occupano un intero fascicolo, vi sono ricerche che vengono pubblicate a puntate, talvolta persino con apparizione discontinua. Citiamo un solo esempio: è l’impresa di trascrizione del “Codice ballariniano” – un importante manoscritto per la storia di Locarno scritto dall’arciprete di Locarno Francesco Ballarini vissuto fra il Cinque e il Seicento -, che Virgilio Gilardoni porta avanti nei ritagli di tempo in un arco di sei anni e pubblica pezzo dopo pezzo.
Questo è possibile perché l’ ARCHIVIO STORICO TICINESE ha una sua caratteristica editoriale che è ora di ricordare. I contributi di qualche rilievo, quelli a puntate in particolare, vengono anche presentati in forma di “Quaderno dell’AST”, o estratto, cioè in volume del medesimo formato della rivista ma con copertina propria.
 
 
 
Un bilancio dell’AST nell’era Gilardoni (1960-1989)
 
Possiamo affermare che, se l’ARCHIVIO STORICO TICINESE non è riuscito a portare in porto il progetto di bibliografia storica ticinese, enunciato nelle copertine dei primi sei fascicoli, ha esso stesso prodotto una consistente bibliografia storica.
Quella che chiamiamo prima serie dell'AST, ventisette annate dal 1960 al 1986, occupa – senza gli estratti – ottanta centimetri abbondanti di scaffale, all’incirca più di dieci volumi di una grossa enciclopedia.
L’ARCHIVIO STORICO TICINESE ha pubblicato importanti cataloghi archivistici e bibliografici, come ad esempio, nel 1964, l’indice del Fondo delle Tre Valli Svizzere dell’Archivio arcivescovile milanese curato da don Giuseppe Gallizia, il parroco di Castro diventato poi archivista della curia luganese, e quello, nel 1963, della rivista Archivio Storico della Svizzera Italiana curato da Carlo Guido Mor e da Gaspare Fässler.
E ha ospitato studi, rassegne documentarie, recensioni, fonti su molteplici campi di indagine: storia generale, geografia umana, archeologia, iconografia, archivi, economia, etnologia e culture popolari, storia del diritto, araldica, storia della scuola, arte, letteratura, biografie, e poi le scansioni tradizionali della storia regionale, il medioevo, l’età balivale, l’ottocento, il novecento.
Né è mancato, per il grande amore al nostro territorio, lo sconfinamento dal campo della storia umana: nel 1963 il fascicolo numero 16 è interamente dedicato ai Sauri del Monte San Giorgio con un saggio di Emil Kuhn-Schnyder, il paleontologo dell’università di Zurigo che allora curava gli scavi sopra Meride.
La storia del ventesimo secolo, presente nell’ARCHIVIO STORICO già con i saggi su Giuseppe Rensi del 1961, cresce nei primi anni settanta: sono dapprima tesi universitarie sugli anni dieci e venti del novecento ticinese, poi la memorabile annata 1976, che in un unico fascicolo dedicato ai Volontari ticinesi in difesa della repubblica di Spagna costituisce a tutt’oggi lo studio più importante sui riflessi nel Ticino di quel drammatico momento europeo; e poi ancora i carteggi di Benedetto Croce con studiosi svizzeri e con Prezzolini, curati da Ottavio Besomi nel decennio 1976-1986.
L’ARCHIVIO STORICO TICINESE è stato, per Virgilio Gilardoni, il luogo in cui proporre i suoi interessi storiografici più profondi. Già dai titoli dei suoi saggi si colgono le linee del suo lavoro storiografico. Nella sua rilettura critica dell’Ottocento ticinese troviamo Il Dalberti ‘proibito’ (1963), La voce incomoda di Carlo Battaglini (1964), La ‘rivoluzione sbagliata’ nelle lettere inedite di Romeo Manzoni (1979) fino al Franscini ribelle rivoluzionario cisalpino del 1989.
Nel catalogo dei Quaderni dell’ARCHIVIO STORICO Virgilio Gilardoni annunciava un progetto, rimasto irrealizzato: uno studio dal titolo Eresie, stregonerie, devianze, delitti nel mondo contadino e pastorale dell’Alto Ticino, secoli XIV-XVII;un intento già evocato in una nota del 1976, sul quale veniva lavorando lungo vie apparentemente diverse, indicate dai saggi su: Creature, trovatelli, venturini (1979), Le immagini folcloriche del ‘popolo ‘allegro’ (1981), Le dimensioni individuali del sacro nell’arte rustica delle genti cisalpine (1982), e dagli studi sugli statuti di Brissago (1978-1980) e di Palagnedra (1981).
La passione per la civiltà rustica di Virgilio Gilardoni ha radici lontane e tappe importanti come l’esposizione dell’arte popolare al Castello di Locarno nel 1954 e il progetto di Museo dell’arte e delle tradizioni popolari, che non trova realizzazione e viene consegnato alla memoria storica nel numero 32 dell’ARCHIVIO STORICO scritto con Tita Carloni.
 
 
 
Nel segno della continuità e del rinnovamento (1991-2010)
 
Alla morte di Virgilio Gilardoni, i materiali rimasti hanno consentito all’editore e agli amici di pubblicare, nel 1990, due fascicoli postumi dell’annata 1986.
Nello stesso anno la Biblioteca cantonale di Locarno, dove si è costituito un Fondo librario Virgilio Gilardoni, promuove una giornata di studio su Trent’anni di ricerca storica nella Svizzera Italiana. Virgilio Gilardoni e l’”Archivio Storico Ticinese”. Le relazioni – di Andrea Ghiringhelli, Marco Marcacci, Luigi Ambrosoli, Pio Caroni e Libero Casagrande – vengono pubblicate nel numero 109 , che inaugura la seconda serie della rivista.
I ritardi accumulati negli anni ottanta consigliano alla nuova redazione dell’ARCHIVIO STORICO di accettare il salto di quattro anni e di partire con la seconda serie dal 1991: la numerazione progressiva dei fascicoli non conosce invece interruzione.
Nella presentazione della seconda serie, nel giugno 1991, si spiega la scelta di continuità e di cambiamento che ispira i redattori.
Il cambiamento, a ben guardare, è la realizzazione di una continuità con la visione della rivista che il suo fondatore aveva desiderato e più volte espresso, senza riuscire a realizzare compiutamente.
I tre fondamenti del progetto si ritrovano, espressi un po’ diversamente, nei testi del 1960. Essi sono “il rigore scientifico, il riferimento a un territorio a molte dimensioni e la funzione di laboratorio”.
Sul rigore la continuità è esplicita.
Sulla definizione del territorio il cambiamento, nel senso dell’apertura su orizzonti nuovi della ricerca, non cancella la continuità cisalpina, ma tende a spaziare con lo sguardo sul mondo alpino nella sua globalità e confrontare i percorsi e gli scambi tra la montagna, il piano e la città.
Il richiamo al laboratorio è l’aspetto più difficile e ambizioso del progetto: perché la rivista “non intende essere un contenitore passivo e occasionale di contributi eterogenei, ma mira a diventare un luogo attivo e produttivo nelle forme della ricerca, del confronto e della sperimentazione e vorrebbe suscitare nuovi interrogativi e suggerire nuovi approcci o stimolare nuove indagini”.
Si opta per una periodicità semestrale e non più trimestrale e si articola internamente la rivista in sezioni diverse: le ricerche, i documenti, i dibattiti, le recensioni e segnalazioni bibliografiche, cui si aggiungono gli approfondimenti.
Lo sforzo redazionale è teso a riunire di tanto in tanto saggi di autori diversi che ruotino intorno a un tema monografico. Così si pubblicano ricerche sui Migranti (111,1992), sulla storia dell’editoria (113, 1993), sui santuari del risveglio (114, 1993), sulle relazioni del ducato sforzesco con gli Svizzeri (116, 1994).
Più complessa si è rivelata l’organizzazione di dibattiti, voluta proprio per sottolineare anche la tensione civile che sorregge la rivista. Meritano di essere ricordati i dibattiti:
L’ARCHIVIO STORICO ha proseguito la pubblicazione di appendici archivistiche e bibliografiche. Ha concluso nel 1999 la pubblicazione delle TICINENSIA, curate da Elfi Rüsch, che aveva continuato l’attività dell’Opera Svizzera dei Monumenti d’Arte. Ha ospitato un Repertorio delle fonti archivistiche in diverse puntate che hanno descritto fondi particolari dell’Archivio di Stato di Bellinzona (serie, questa, rimasta purtroppo inconclusa), degli Archivi di cultura contemporanea di Lugano, dell’Associazione del patrimonio di Valmaggia, della Fondazione Vecchie stampe, della Fondazione Historia Cisalpina ecc..
 
 
 
Una rivista come laboratorio e come forum
 
La seconda serie della rivista ha avuto l’ambizione di essere un laboratorio promotore di ricerca storica. Nel 1991 la redazione dichiarava, infatti, di voler “suscitare nuovi interrogativi e suggerire nuovi approcci o stimolare nuove indagini”.
Questo impegno si è tradotto nei fascicoli parzialmente monografici pubblicati e nell’organizzazione, da sola o con altri enti interessati, degli incontri e dei convegni, talvolta anche transfrontalieri e internazionali, su temi e argomenti di interesse ticinese, cisalpino e montano.
Nel 1993, ad esempio, la redazione dell’AST assume in accordo con la Società Generale Svizzera di Storia il compito di tenere nel Ticino la Giornata degli storici svizzeri, tradizionalmente ancorata nell’Università di Berna.
Ne nasce il convegno su Religione e società in territori di frontiera confessionale nell’epoca della Controriforma (Monte Verità, settembre 1993): vi prendono parte Raffaello Ceschi, Alessandro Pastore dell’Università di Verona, Sandro Bianconi, Elfi Rüsch, Raul Merzario di Milano, Brigitte Schwarz, Laura Damiani Cabrini e Tiziano Petrini. Gli atti sono pubblicati nel 1994 (n° 115).
Un secondo convegno nasce da una collaborazione richiesta dal Dipartimento dell’Istruzione e della Cultura: nel bicentenario fransciniano si tiene, ancora al Monte Verità, la giornata dedicata a L’itinerario intellettuale e civile di Stefano Franscini (febbraio 1996) - con relazioni di Gianmarco Gaspari di Milano, Francesca Sofia di Bologna, Christian Marazzi, Carlo Lacaita di Milano, Sandro Bianconi e Raffaello Ceschi - i cui atti occupano il numero 119.
Due anni dopo si inaugura la serie dei seminari, anzi, come si dice inizialmente “microseminari”, cioè “incontri di studio” su un tema circoscritto sul quale fare il punto, discutere e stimolare possibilmente nuove direzioni di ricerca.
Il primo è Donne e criminalità nelle aree montane, secoli XV-XIX (Bellinzona, settembre 1998): i contributi – di Alessandro Pastore dell’Università di Verona, di Michel Porret dell’Università di Ginevra, di Fabrizio Mena, di Martine Ostorero e di Yvonne Camenisch - sono pubblicati nel 1999 (n° 125).
Ad esso segue, qualche anno dopo, il seminario su  Dinamiche e contraddizioni della modernità nel Ticino (Bellinzona, novembre 2002), dove la rivista mobilita studiosi, già affermati o giovani, del novecento ticinese ad esporre i risultati delle loro ricerche: sono Marco Marcacci, Simona Martinoli, Luca Saltini e Nelly Valsangiacomo (numero 133, giugno 2003), seguito da un analogo seminario sui Fermenti culturali nel Ticino degli anni Cinquanta.
Fra il primo e il secondo seminario appena citati si sono inseriti due convegni promossi dall’AST in territorio italiano e in collaborazione con altri enti.
Con la Società per la Ricerca sulla Cultura Grigione e con il Centro Studi Storici Valchiavennaschi è stato tenuto a Chiavenna nel maggio 2000 un convegno su Itinerari e scambi transalpini i cui atti sono stati pubblicati alla fine dello stesso anno (n°128).
Successivamente, nel giugno 2002, in collaborazione con il Centro per gli studi storici italo- germanici si è tenuto a Trento, presso l’Istituto trentino di cultura, un convegno intitolato Comunità alpine: linguaggi, identità e comunicazione politica, secoli XIV-XVIII e gli atti sono apparsi nel numero132.
Lo sforzo organizzativo di attività come queste, per la redazione tutta di volontari di una rivista, è importante.
La pubblicazione di una rivista storica, e le attività che essa può promuovere grazie alle reti di relazioni che sa costruirsi attorno, come queste che abbiamo elencato, non sarebbero tuttavia possibili se non ci fosse un sostegno pubblico, nella forma dei sussidi alle attività culturali. Sostegno finora garantito all'AST dallo Stato ticinese e dalla Fondazione Pro Helvetia.